Essendo in vacanza e ritenendo che le connessioni non saranno poi
cosi' affollate, non manterro' la mia autodisciplina e mi permettero' di
intervenire in un campo nel quale non mi sono mai cimentato.
Innanzitutto ho la sfronatezza di proporre la mia trascrizione:
1 "Or che 'l ciel e la terra e 'l vento tace,"
2 Incomincio` colei che l'aria molce
3 con angelici accenti, e in lingua dolce
4 rischiara Secchia con la tosca face.
5 "sentiam gli spirti altrui, beata pace"
6 Tutto l'amar si trammutava in dolce,
7 e giva al ciel (che piu` l'alma soffolce)
8 mio cor, che via da lei morendo giace.
9 Che poi se i moti de' suoi tersi avori,
10 de' vaghi lumi e del leggiadro viso,
11 l'occhio vedea ch'or vana vista intrica;
12 che poi s'un di` mi spiega ' bei tesori,
13 oh del nome tiran degn' e' nemica,
14 oh qua giu` cieli aperti, oh paradiso!
Diciamo subito che propendo per la parodia o, piuttosto, per la
burla. Il mio teorema e' che ci sia qualche cosa a che fare con il toscano
in ambiente dialettofono. Ai vv. 2-3, gli "angelici accenti" e la "lingua
dolce" sarebbero, rispettivamente, le vocali e le consonanti palatali
(forse anche le sibilanti) deformate dalla pronuncia dialettale. Forse per
questo l'autore insiste sulla chiusura della rima in -CE, che tra l'altro
dovrebbe richiamare, come gia' detto da Danilo, il cognome MolZA.
Ai vv. 9-11, "i moti de' suoi tersi avori" sarebbero le parole del
testo toscano (dunque di denti si tratterebbe), mentre la "vana vista" si
riferirebbe alle difficolta' del dialettofono poco avezzo al toscano.
Al v. 12, si riprende il concetto: i "bei tesori" sono di nuovo le
parole del testo toscano. Dunque il "che poi" anaforico sottolineerebbe la
ripetizione del medesimo concetto.
Dunque, se si capisce il testo (v. 12) si rivela degna nemica del
suo nome da tiranno e (v. 13) quaggiu' ci sono i cieli aperti, che
paradiso! (v. 14)
Naturalmente il tutto fa da controcanto alla lettura amorosa, dove
le terzine accennano, invece, all'aspetto esteriore e al corpo della
poetessa.
Purtroppo per l'italianistica, ma ottimamente per spedire testi in
ceco, il mio server storpia alcune lettere (ottimi, percio', i consigli
grafici di italian-studies); quindi, non so che segno ci sia davanti alla
-l degli articoli del v. 1. Se fosse una specie di OE, come credo di poter
intuire, sarebbe un'ulteriore conferma dell'interpretazione "dialettale".
Confesso, comunque, di conoscere i dialetti tra il Po e gli
Appennini solo attraverso i film di Fellini e un paio di visite a Bologna e
di non avere alcuna esperienza pratica di paleografia. Inoltre, non capisco
il verso 7, cioe' non mi e' chiaro cosa "soffolca" l'anima di piu' (oppure
non piu'?) e perche'.
Spero che gli specialisti abbiano perdonato la mia intrusione. Ad
ogni buon conto, il mio teorema forse non merita tanta attenzione, ma la
ridistribuzione della punteggiatura e dei diacritici sembra davvero
spiegare meglio il testo.
Auguri,
Giorgio Cadorini
Ustav romanskych studii FF UK
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