italian-studies: Scholarly discussions in any field of Italian studies
Mi sembra che in tanti avvertiamo la necessita' di esprimere cio' che
sentiamo in questo momento tragico per tutti gli esseri umani, cosi'
aggiungo queste mie inadeguate riflessioni ai commenti dei colleghi. Tutti
abbiamo assistito direttamente o indirettamente alle scene sconvolgenti di
martedi' scorso. La mia prima risposta e' stata la percezione netta del
fallimento degli esseri "umani" in tutto cio' che proprio di "umano"
dovrebbe esserci in noi, molto al di la' delle dicotomie ideologiche in cui
ci siamo formati finora. Troppo facile infatti spiegarsi questa tragedia
come un conflitto fra occidente e oriente-medio oriente, fra religioni
diverse, o anche piu' in generale fra paesi poveri e ricchi. Cio' che e'
stato dimostrato, mi sembra, e' la globalizzazione (per usare un termine di
moda), ironicamente la globalizzazione delle connivenze fra potere economico
e politico e la globalizzazione della responsabilita' di ognuno di noi.
E adesso non ci resta che temere che la risposta --che inevitabilmente verra
'-- sia in linea esattamente con ciò che ha prodotto la tragedia. L'ombra
cupa della nostra civiltà e la grande crisi epocale che stiamo vivendo non
sono speculazioni filosofiche.
Non e' vero, come ha detto Colin Powell che ci troviamo di fronte ad un
"faceless ennemy", sarebbe troppo facile. E' nostro dovere, dovere di
tutti, distinguere il volto dei nemici (al plurale) e non accettare
ciecamente le istigazioni alla guerra, una sorta di guerra santa, che ci
vengono dagli Stati Uniti. Il volto del nemico non sta solo nascosto in
altre nazioni e in altre ideologie, ma va ricercato anche all'interno stesso
dell'occidente, nella nostra ignoranza, nel nostro egoismo, nella nostra
cecita' e acquiescienza, nella vigliaccheria con cui tutti ci rifugiamo
nelle nostre piccole, comode esistenze, nella globalizzazione economica
fondata su uno sfruttamento che dalle classi sociali si e' allargato alle
nazioni.
È indubbiamente vero che uno dei pregi della societa' americana e' la forza
di andare avanti, espressa spesso in questi giorni dall'espressione "Life
must go on", ma sarebbe il piu' tragico degli errori se veramente si
cercasse di riprendere la vita come era prima, senza l'esame delle ragioni
della strage e senza la volonta' precisa di cambiare tutto cio' che sia
necessario. Come e' stato gia' espresso da altri, siamo noi,
insegnanti-intellettuali, a doverci far carico come ha scritto il collega
John Gatt-Rutter di "mobilize our intellectual energies towards the same end
of lowering the threshold of insanity".
Basta con la nostra astrattezza, basta con le reazioni semplicemente
emotive. Dopo che il primo stupore e l'incredulita' sono diventati orrore,
dobbiamo calarci nel corpo della storia.
Irene Marchegiani Jones
California State University, Long Beach
Resident Director
International Program, Florence, Italy
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