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italian-studies: Scholarly discussions in any field of Italian studies

Nomina sunt…?

L’onomastica tra ermeneutica, storia della lingua e comparatistica


Giornata di studi, Venezia, 3-4 marzo 2016

Università Ca’ Foscari Venezia, Dipartimento di Studi Umanistici

Dottorato di Ricerca in Italianistica


(English version following)



«Cuatro días se le pasaron en imaginar qué nombre le pondría».

Cervantes, Don Chisciotte


Fin dalla loro comparsa gli studi di onomastica, spesso coadiuvati da quelli filologici, hanno dimostrato la loro vitalità ed efficacia per una comprensione più profonda delle opere letterarie, dei loro autori e del loro contesto, senza dimenticare l’apporto alle discipline storico-linguistiche e glottologiche, nelle quali, per esempio, la cristallizzazione di una forma arcaica in un toponimo o in un antroponimo si rivela fondamentale per stabilire la cronologia evolutiva di un volgare.

Scorrendo diacronicamente la storia della letteratura italiana, in lingua e in dialetto, si possono individuare tre opzioni principali (a volte compresenti in uno stesso testo) riguardanti i nomi propri: reticenza, medietà e semanticità esplicita. La prima può portare l’autore a scegliere l’anonimato per i propri personaggi o per i luoghi in cui si svolge la storia (pensiamo al protagonista dell’Enrico IV di Pirandello, indicato solo con tre asterischi, o ai non-luoghi del Processo kafkiano), oppure a volerne proteggere l’identità reale tramite schermature (come nei senhal due e trecenteschi, negli anagrammi, o nei cambi trasparenti come la Regalpetra di Sciascia, mutuata da Racalmuto); la seconda fa privilegiare scelte ‘comuni’ che consentono di tratteggiare caratteristiche non stereotipate: personaggi dai nomi semplici, come Tom Jones o Pietro Rosi, o città e paesi realmente esistenti e ordinari; infine, la terza invita esplicitamente il lettore a interrogarsi sul significato dei nomi stessi: Dedalus in Joyce e, per i luoghi, Maradagàl in Gadda e Macondo in Marquez.

Un caso particolare è rappresentato dai nomi propri di persona fatti oggetto di critica o persino denuncia, celati o messi in chiaro, comunque determinanti la natura di tutto il testo: la loro presenza può aver indotto l’autore a evitarne la circolazione (come fece Ariosto con le proprie Satire) oppure la pubblicazione ne è il primo obiettivo, ma può restare inattuabile (è il caso del celebre articolo di Pasolini sulle stragi).

Un discorso di altra natura meritano invece i nomi comuni, che possono fornire spunti d’indagine sulla poetica di un autore (a seconda delle diverse sfumature che uno stesso termine chiave può assumere) o alla storia della cultura e del costume (nomi astratti come ‘gentilezza’, ‘classe’ o ‘nazione’ si fanno portavoce di Weltanschauung che la letteratura sa raccontare con efficacia). Rientrano in quest’ambito anche i neologismi e le primi attestazioni di una parola, ma anche quelle «parole perdute» con l’avvento della nuova età industriale, di cui parla Beccaria nel volume I nomi del mondo.

Quanto detto finora sui nomi parlanti, che racchiudono in sé le prerogative, le virtù o le azioni dei personaggi cui sono applicati, è valido anche per l’antichità classica: si pensi a Telemachos, «colui che combatte da lontano», o a Phrasikleia, la giovane defunta «che mostra il kleos» del celebre epigramma, o ai protagonisti delle commedie greche e latine.

Un altro filone di ricerca approfondisce le intersezioni dell’onomastica con gli studi di comparatistica, che permettono di raffrontare i casi italiani con le tendenze europee, e di traduttologia (come non perdere significati e allusioni nel passaggio da una lingua all’altra? Accade, ad esempio, con The Importance of Being Earnest).

Ancora diverso è il caso del nome che l’autore può inventare per sé, quando esso diventa cruciale per la composizione dell’opera: alle eteronimie di Pessoa, ad esempio, corrispondono testi sorti da stati diversi dell’‘io’ e dunque da differenti modalità creative. Anche l’uso di pseudonimi modifica in modo irreversibile il rapporto dell’autore col proprio testo e col potenziale lettore, e può fornire utili indicazioni storico-culturali e sociologiche.

La giornata di studi si rivolge a dottorandi e giovani ricercatori (entro 5 anni dal conseguimento del dottorato) di letteratura e filologia greca, latina, romanza, italiana e di letterature comparate; sono ammessi interventi in lingua italiana e inglese, della durata di 20 minuti. Entro la fine del 2016 gli atti del convegno saranno pubblicati in formato digitale presso Edizioni Ca’ Foscari.

Si prega di inviare:

- il titolo della proposta seguito da un abstract di max 500 parole non firmato;

- una breve nota bio-bibliografica (max 500 parole).

I due file andranno spediti all’indirizzo [log in to unmask] entro il 10 gennaio 2016.

Poiché le proposte saranno valutate in forma anonima, si raccomanda di non specificare il nome del proponente nel file che contiene l’abstract. Gli esiti della valutazione saranno comunicati via email entro il 18 gennaio 2016.




Nomina sunt…?

Onomastics between Hermeneutics, Linguistics and Comparative Studies


Ca’ Foscari University of Venice, Department of Humanities, March 3-4, 2016



«Cuatro días se le pasaron en imaginar qué nombre le pondría».

Cervantes, Don Quijote


Since their appearance, studies in onomastics have contributed to a deeper comprehension of texts, authors and contexts, thanks to their tight links with philology, historical linguistics and glottology. For example, the use of archaic forms crystallized in toponyms or anthroponyms is a key-element when it comes to establish relevant chronological issues regarding vernacular languages and varieties. In literature, one can observe three main options of dealing with proper nouns, sometimes overlapping in the same work: reticence, neutrality, and evident semanticity. When adopting a reticent strategy, the author is to choose between two different paths. One is that of anonymity, for both characters and settings (for example, the protagonist of Pirandello’s Enrico IV, or the unnamed locations of Kafka’s Process). Otherwise, the author might choose to screen or mask real identities through senhal, anagrams or conspicuous transformations (as Sciascia does with Regalpetra, standing for the real Racalmuto).

The second option, that of neutrality, consists in the preference for “common” nouns as means to portray both everymen or unconventional characters - such as Fielding’s Tom Jones or Tozzi’s Pietro Rosi; the same can be said for cities and countries actually existing. Finally, some names display a clear semantic depth, even though their meaning is left to the reader’s hypothesis: it is the case of Joyce’s Dedalus, Gadda’s Maradagàl, Márquez’ Macondo.

A specific case of study is the use of proper nouns as expression of disapproval or even condemnation - an attitude that might deeply influence the very same nature of the text. This kind of works, addressing specific individuals with specific names, can be either unpublished and not circulating (as is the case of Ariosto’s Satire), or published but not clearly naming the responsible (as Pasolini’s article about massacres in 1974).

Another area of research concerns common nouns. These latter can suggest new ideas about an author’s poetics (grounding on the different nuances of a same key-word) or about cultural history: an entire Weltanschauung can be represented by abstract nouns such as ‘gentilezza’, ‘classe’ or ‘nazione’. Neologisms and «lost words», as they are called by Beccaria in his I nomi del mondo, belong to the same field.

Obviously, nouns are held to be capable of conveying further meanings about the characters they identify since classical literature. Thus, Telemachos is «he who fights from the distance», Phrasikleia, the well-known character of epigrams, is «she who shows the kleos», and the same can be said for several characters of Greek and Latin comedies.

Intersections between onomastics, comparative literature and translation studies are another profitable area of interest, for they allow to compare Italian cases with European tendencies and to face issues such as the loss of meanings (for example, The Importance of Being Earnest is sometimes translated as L’importanza di chiamarsi Franco).

Onomastics’ studies can also involve inquiries on eteronyms (Pessoa’s ones are renowned) and pseudonyms. In such cases, different names can lead to nonequivalent works and creative attitudes, but they can also affect the relationship between author and text, or author and reader.

The conference aims at gathering Ph.D. students and young researchers (who have completed their Ph.D. in the last 5 years) working in the fields of Classics, Language and Literatures, Linguistics and Comparative Studies. 20 minute talks can be given in either Italian or English. By the end of 2016 the proceedings will be published online by Edizioni Ca’ Foscari.

Proposers are invited to submit:

- an anonymous abstract (500 words max);

- short bio-bibliographical note (500 words max).

Both files shall be sent to [log in to unmask] before January 10th, 2016.

Communication of acceptance will be delivered via email on January 18th, 2016.

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