IN MORTE DI UN POETA
' C E' una poesia di Boris Vian che dice:
"Un poeta
è un essere unico
in tanti esemplari
che pensa solamente in versi
e non scrive che in musica
su soggetti diversi
sia rossi che verdi
ma sempre magnifici".
Così doveva essere Din Mehmeti, il poeta albanese fucilato
nel Kosovo, a 47 anni, in quella carneficina che non tiene conto
se colui che cade è anche un poeta. Perché se ogni uomo è
uguale, un poeta, sarebbe ipocrita ignorarlo, è ancora più
uguale a quell'Uomo che dovrebbe abitare il mondo per
renderlo luogo di convivenza e progresso, termometro delle
increspature del vivere, sensibilizzatore della diversità delle
specie, trasmettitore della lunga memoria d'Adamo.
Presagendo la morte aveva scritto Din Mehmeti: "Arriveranno
i fiori del sangue/ baracca mia tieniti forte". Quando muore un
poeta chi lo uccide prende la mira, oltre che sull'uomo, sulle
sue parole, sulla sua musica, sul dono misterioso affidato
all'Umanità che è ricerca di procedere su di un'unica terra.
Nico Orengo
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