Non mi pronuncio sul livello organizzativo, che ritengo legato alla realta'
dove si opera (in questo caso molto distante dalla mia).
Riguardo alla posizione della letteratura nella cultura italiana,
partirei dal suo ruolo nella definizione dell'identita' nazionale. Non si
puo' trascurare il fatto che per molti secoli fu proprio la letteratura
l'unico campo in cui si sia manifestata una attivita' culturale
sostanzialmente unitaria (parlo in questo caso della fruizione piu' che
della produzione).
I ceti colti della penisola, della Sicilia, della Corsica e
dell'Adriatico, pur appartenendo a popolazioni molto diverse tra loro che
parlavano idiomi distribuibili in tutte le due o tre (a seconda dei criteri
di classificazione) sottofamiglie del gruppo neolatino, per secoli si
espressero in varie lingue di cultura. Questo discorso vale anche per la
letteratura, soltanto che le opere in lingua italiana svolsero una funzione
di "cemento culturale" che le altre lingue non ebbero. Nemmeno il latino,
per quel che ne so, che era invece considerato il linguaggio universale.
Diciamo pure che tutta l'operazione socioculturale del Risorgimento
fu costruita a partire dalla letteratura. Mentre nell'Europa centrale i
risvegli nazionali furono compiuti in concorrenza con la cultura
(=letteratura) classica, in Italia se ne volle sottolinealre la
continuazione nel clima culturale contemporaneo. Se cio' non e' evidente
negli scritti dell'epoca, una conferma dovrebbe venire dai programmi
scolastici che formavano i nuovi ceti colti. In fondo, anche oggi sono
diffusissimi i licei classici, definibili anche "licei linguistici per le
lingue classiche".
Condivido l'opinione di quanti vedono le attuali tendenze
centrifughe come conseguenza di questo processo di formazione
dell'identita' nazionale. Io sottolineo proprio il fatto che sono state
distrutte le identita' locali senza che venisse offerta un'alternativa
robusta (qualcuno direbbe: di letteratura non si campa) e vedo nelle
opinioni di Ascoli le profezie di una Cassandra linguista.
Da quanto ho scritto, in ogni caso, si dovrebbe dedurre pure che la
storia (quella vera, non quella semplificata ad uso Savoia che si insegna
ancora) e' assolutamente fondamentale per capire la cultura italiana
(quella vera, naturalmente) e le culture italiane, gia' che ci siamo.
Scusate la lunghezza,
Giorgio Cadorini
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