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Articolo redatto dal direttivo Adida e pubblicato su diverse testate giornalistiche

From:

Enrico Santangelo <[log in to unmask]>

Reply-To:

Scholarly discussions in any field of Italian studies <[log in to unmask]>

Date:

Thu, 15 Mar 2012 16:26:26 +0100

Content-Type:

text/plain

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text/plain (155 lines)

italian-studies: Scholarly discussions in any field of Italian studies

Buongiorno a tutti,

mi permetto di trasmettere un interessante articolo che riguarda gli 
insegnanti italiani appartenenti alla cosiddetta "Terza fascia - 
Graduatorie di Istituto", che insegnano già da diversi anni e sono 
tuttora considerati "non abilitati all'insegnamento" ( 
https://sites.google.com/site/midanazionale/attivita-svolte/pubblicazioni/figli-di-un-dio-minore 
).

Ora, per abilitarli, si vorrebbe far subire loro un arduo percorso ad 
ostacoli...

Grazie per l'attenzione,
Enrico



Figli di un Dio Minore, 15 Marzo 2012

C' erano una volta gli insegnanti di III fascia...per tutti noi 
appartenenti a questa categoria, ovvero, al limbo di un precariato senza 
fine, questa sarebbe la speranza: avere in mano la tanto agognata 
“abilitazione” che ci riscatterebbe dalla nostra scomoda posizione di 
“tappabuchi” della scuola.

Ebbene, la notizia di questi giorni è che settembre 2012 sarà la data di 
avvio dei “famosi” TFA (Tirocinio formativo attivo), nuova proposta di 
percorsi abilitanti all’insegnamento, che in Italia mancano da anni. 
Sembra essere questo il piano del Ministero. Restano, però, da chiarire 
molte cose, come ad esempio, quale sarà l'anno accademico di iscrizione, 
considerando che le prove di selezione per l'accesso ai TFA, sono 
parecchio lunghe e complesse e che inevitabilmente dureranno parecchi 
mesi. E noi?

Ogni giorno noi ‘figli’ oramai quarantenni , e quindi già compromessi 
perché vecchi, spesso imbiancati, con vite inevitabilmente segnate se 
non devastate dall’impossibilità di poter progettare qualsiasi cosa che 
esca anche solo di poco dall’asfittico arco temporale dei

nostri contratti stagionali stipulati col Miur, svolgiamo il nostro 
dovere nelle istituzioni scolastiche più impervie della nostra Penisola. 
E non parliamo di ‘aiuto professore’ (una figura ausiliaria di secondo 
piano prevista, ad es., dall’ordinamento di altri Paesi della UE), né di 
docenti tirocinanti che insegnano sotto la guida di un supervisore, ma 
di docenti a tuttotondo, che ‘salgono in cattedra’ e che svolgono al 
pari di altri loro colleghi di ruolo, le stesse identiche attività, 
richieste al proprio profilo professionale, e descritte in dettaglio nel 
vigente C.C.N.L. Chi vuole, apra il Contratto collettivo nazionale del 
comparto scuola firmato da tutti gli insegnanti nel momento in cui 
prendono servizio, anche da quelli che il Miur continua surrettiziamente 
a considerare “non abilitati”, e legga il mansionario previsto. Troverà 
che i cosiddetti ‘docenti non abilitati’ di III fascia (che 
bell’ossimoro, elegante, efficace e soprattutto di gran comodo…) hanno 
responsabilità piena della classe, firmano al pari di tutti i loro 
colleghi verbali di scrutini, pagelle, piani didattici, guidano varie 
commissioni, ricevono deleghe dai dirigenti scolastici e come 
coordinatori presiedendo le sedute dei Consigli di Classe e molto altro 
ancora. Non vi è nessuna, ma proprio nessuna differenza nelle 
responsabilità e nelle funzioni attribuite, così come nel lavoro svolto, 
fatta salva la capacità individuale di ciascun docente, che peraltro al 
Miur nessuno si è mai preso la briga di valutare.

Ed ora, attivando i TFA, si vorrebbe obbligare questi docenti, dopo 
essere saliti in cattedra con responsabilità piena per anni (e non per 
loro sfizio, ma chiamati dal Miur attingendo da graduatorie di merito 
per garantire il servizio scolastico nazionale sulla base dei loro 
tutoli definiti validi all’insegnamento dallo stesso Miur) a sottoporsi 
ad un test preliminare, al pari dei neo-laureati, per essere ammessi, se 
idonei, ad una successiva prova scritta, per essere nuovamente ammessi, 
sempre se idonei, ad una terza prova, questa volta orale, e finalmente 
essere inseriti in una graduatoria, sempre assieme ai neo-laureati, per 
poter poi iscriversi (ma solo se si trovano in una posizione utile in 
una graduatoria a numero chiuso preparata ad hoc dal Miur) all’anno di 
TFA dedicato alla formazione iniziale dei docenti, durante il quale 
questi aspiranti insegnanti dovranno imparare ad insegnare (sic!) 
attraverso un tirocinio, ed infine discutere una tesina originale e 
superare un esame con valore abilitante, per essere alla fine assunti 
dopo anni di servizio? No, per essere dichiarati formalmente abilitati a 
svolgere, sempre da precari (perché non si sta parlando di reclutamento, 
ma solo di formazione iniziale) quella stessa professione che da anni 
stanno già svolgendo alle dipendenze dello stesso Ministero con un 
contratto che prevede (e proprio perché è incredibile e paradossale vale 
ribadirlo) come conditio sine qua non già la presenza di quelle 
competenze che il decreto M.I.U.R. 10 settembre 2010, n. 249 vorrebbe 
schizofrenicamente far nuovamente acquisire.

E questo è contemplato, con una miopia che non ha precedenti, pure per 
tutti quei docenti che, oltre a vantare una importante esperienza a 
scuola, abbiano anche il titolo di dottore di ricerca, magari associato 
ad anni di attività di ricerca condotta (con contratti sempre precari) 
ai massimi livelli nelle università italiane, partecipando come membri 
effettivi alle Commissioni d’esame e di laurea; e magari, colmo dei 
paradossi, che abbiano inoltre numerose pubblicazioni scientifiche 
(finanziate dal Miur e diffuse in ambito internazionale) in quelle 
stesse discipline su cui ora il medesimo Miur vorrebbe accertare le 
conoscenze, con domande a crocette… Così si è sicuri che questi docenti, 
dopo anni di servizio a scuola e dopo anni di ricerca all’università, 
inevitabilmente maturi e incanutiti, siano davvero pronti per accedere 
ad un corso di “formazione iniziale” per insegnanti nelle scuole 
secondarie di primo e secondo grado: ma vogliamo scherzare?

Purtroppo lo scandalo, la vergogna e la beffa non finiscono qui.

È sufficiente laurearsi in Bulgaria, Grecia, Polonia, Romania ecc., 
insegnare per un po’ nelle scuole di questi Stati (dove si accede 
all’insegnamento non da una graduatoria, ma per chiamata diretta) e poi 
venire in Italia, invocare la piena e completa applicazione della 
Direttiva 2005/36/CE (recepita dal nostro Paese mediante il Decreto 
Legislativo 6 novembre 2007, n. 206) e chiedere l’equiparazione della 
laurea e il riconoscimento del servizio come titolo abilitante. E così, 
dal 2007 ad oggi l’Italia ha riconosciuto ed equiparato a titolo 
abilitante, pienamente valido per l’accesso alle Graduatorie Permanenti, 
ad Esaurimento e alla II fascia delle Graduatorie d’Istituto, qualsiasi 
titolo e/o esperienza professionale acquisiti in uno Stato membro 
firmatario della citata direttiva. Tutto provato dai numerosi decreti 
pubblicati dal Miur a favore di docenti comunitari ‘non abilitati’: 
decreti che come si legge a chiare lettere, equiparano un’esperienza 
lavorativa minima a qualifica professionale e, conseguentemente, a 
titolo formativo abilitante, nel rispetto della Diretiva 2005/36/CE 
secondo cui l’esperienza professionale integra e completa la formazione. 
Per tutti, a parte per i docenti italiani di III fascia, i quali si 
vedono scavalcati puntualmente dai loro colleghi provenienti dalla 
Bulgaria, dalla Grecia, dalla Polonia, dalla Romania e da tutti quegli 
Stati della UE dove gli stipendi degli insegnanti sono ancora più bassi 
di quelli che corrisponde il Bel Paese. Ma è un sorpasso elegante, 
accompagnato da una sonora pernacchia di edoardiana memoria, quello che 
i docenti comunitari fanno all’indirizzo dei loro colleghi italiani. Una 
pernacchia colma di gratitudine a questa benedetta (per loro) ottusità 
all’italiana. Un’ottusità incomprensibile e inqualificabile che sta 
facendo molto male al nostro Paese.



Associazione Adida

-- 

Enrico Santangelo, Ph.D.
http://independent.academia.edu/EnricoSantangelo/Papers
http://www.rivistadistudiitaliani.it/articolo.php?id=1567

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