Thanks, Kathryn, for sending this along.
Unfortunately I must intervene lest readers get a false impression of the subject matter and approach of these scholars.
Li Vigni's paper is entitled "The iconography of the witch between popular imagery and social reality." She contrasts the iconography of the witch from popular materials, with its juxtaposition of beautiful enchantresses and evil hags, with the social reality of the witch trials, in which the victims are altogether ordinary and live among humans -- in fact, are easily confused with ordinary individuals. Nowhere does she argue that witchcraft is a reality.
Portone's paper is entitled "In search of the origins of a modern myth: from the "Games of the Lady" to the Satanic sabbat." "Il Giuoco" refers not to any joker, but to the legends (note: *not* myths!) of the Games of Herodias, according to which certain women would travel in spirit during the night to meet with a company of women led by a supernatural female presence, who went by various names, but whose persona was rooted in folklore about pre-Christian goddesses and supernatural figures. English-readers can look up the work of Carlo Ginzburg, as well as my various publications on this theme. Portone argues, as so many have before him, that the mythology of the witches' sabbat draws heavily from these earlier legends -- in other words, the legends of the Game of Herodias and the night flights eventually gave rise to a new mythos of the , diabolocal withces' sabbat. Again, nothing in here about academics being the equivalent to witches.
I'm afraid these misunderstandings can result when computer aids are used to arrive at translations -- reminds me of the old joke about the translation machine which translated "The spirit is willing, but the flesh is weak" to "The booze is terrific, but the meat is terrible!"
Best,
Sabina
Sabina Magliocco
Professor
Department of Anthropology
California State University - Northridge
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From: Society for The Academic Study of Magic [[log in to unmask]] On Behalf Of Kathryn Evans [[log in to unmask]]
Sent: Wednesday, August 24, 2011 2:19 PM
To: [log in to unmask]
Subject: Re: [ACADEMIC-STUDY-MAGIC] Matriarchy
Colleagues,
I requested the full Abstract of the Conference on "Fairies: mother, lover, witch" that Davide Ermacora offered in Italian. Here are the abstracts of two papers that will be presented there. The first, it seems to me, is attempting to convince readers of the reality of witches among us, but more importantly of the necessity of eradicating them. The second, if I've been able to decipher enough of the Italian, seems to conclude that "where this will lead, if she seeks to illuminate the passage of the door to the birth of a new mythology, the fruit of this syncretic operation by the inquisitors is to demononize amongst the scholarly and folkloric traditions, is by responding to the question of whether il Gioco (the Joker) in reality is understood by the age-old name of witches' Sabbath." . . . So is Paolo in effect insinuating that scholars whose work engages with folklore are witches or demons in the Academy?
Amy, help me out here---is this the kind of material that elicited the ASE Symposium?
Sabina, or anyone else, what's your take on these abstracts?
Ida Li Vigni, L’iconografia della strega tra immaginario popolare e realtà sociale
Parlando di streghe nasce spontaneo chiedersi quali siano i loro volti, che segni esteriori le contraddistinguano, chi siano veramente. In questo caso il divario fra immaginario collettivo e realtà sociale si fa più netto, rivelando come l’immagine della strega sia una maschera, uno stereotipo culturale (colto o folklorico poco importa viste le coincidenze) che viene incollato alle povere accusate.
Se guardiamo ai manuali e a buona parte dell’iconografia coeva e le affianchiamo alle raffigurazioni popolari trasmesseci dalla cultura orale notiamo come l’identikit della strega ruoti attorno a due stereotipi dalla scoperta simbologia e quasi sempre appaiati, a sottolineare la natura duplice e ingannevole della bellezza femminile: la fata e la strega, ovvero la fanciulla dalle forme procaci e dallo sguardo tentatore e la vecchia megera, con il volto solcato da
rughe e il corpo aggrinzito. Sono i clichè cui si rifanno i letterati e i pittori, dalle prime raffigurazioni del sabba alle interpretazioni di età romantica, per altro ben radicati nell’immaginario collettivo che vede sia nella giovinezza-bellezza che nella vecchiaia-bruttezza i segni del Maligno.
Diverse le immagini che emergono dalla realtà processuale e da alcuni manuali inquisitoriali e che ci testimoniano l’assoluta normalità delle protagoniste del dramma: lungi dall’esibire nudità più o meno voluttuose o repellenti e di essere colte in atteggiamenti lascivi, le streghe indossano i costumi del tempo e si muovono in scenari di vita quotidiana, anche quando partono per il Sabba a cavallo di una scopa o di animali domestici o partecipano al Sabba. Sono, insomma, colte in atteggiamenti assolutamente quotidiani e apparentemente innocui, danzano, banchettano, se non fosse che accanto a loro compaiono i demoni (anch’essi in abiti borghesi, a volte da gentiluomini, ma con caratteri animali). Il messaggio è chiaro, così come viene perfettamente colto l’habitat nel quale proliferano le streghe: le streghe sono fra noi, si confondono con noi. Nessuno è al sicuro, sembrano dire queste incisioni, e quindi è necessario vegliare, osservare, denunciare.
Paolo Portone, All’origine di un mito moderno. Dal ‘gioco della Signora’ al sabba di Satana
C’è stato un tempo in cui i nostri avi credevano in creature femminili benefiche che si aggiravano di notte per villaggi e castelli portando doni alle famiglie generose e allietando con canti e balli i fortunati a cui si rivelavano. Per lunghi secoli nel folklore dei popoli cosiddetti civilizzati si sono conservate le vestigia di ancestrali divinità muliebri apportatrici di fertilità e donatrici di segreti naturali, figure in cui si continuava a declinare un sovrannaturale non rigidamente abramitico ed esclusivo. Tracce di antichissimi riti femminili collegati al culto di Diana (di Perchta o di Holda in ambito germanico) sono presenti nella documentazione ecclesiastica altomedievale, testimonianze della straordinaria longevità di istituti culturali sopravvissuti a secoli di evangelizzazione e di conversioni forzate. Ancora agli albori dell’età moderna non è difficile imbattersi, tra le pieghe di una società devota e intenta a costruire cattedrali, nelle molteplici manifestazioni di una religiosità eterodossa in cui la donna continua ad occupare un posto rilevante,come nella tradizione della Signora del Gioco, ultimo barlume di un sistema di credenze coerente e autonomo preesistente alla cristianizzazione. A partire dal Quattrocento, di questo universo culturale e del numinoso ad esso sotteso, conservatosi entro le ampie maglie della societas christiana medievale, resterà ben poco sotto l’urto del drammatico processo di acculturazione ai valori della modernità di cui la caccia alle streghe rappresentò un significativo epifenomeno. Sulla scorta della documentazione storica e delle testimonianze folkloriche di cui oggi disponiamo, si cercherà di illuminare il passaggio che portò alla nascita di una nuova mitologia, frutto della sincresi operata da inquisitori e demonologi tra tradizione colta e folklorica, e di rispondere all
----- Original Message -----
From: Caroline Tully<mailto:[log in to unmask]>
To: [log in to unmask]<mailto:[log in to unmask]>
Sent: Tuesday, August 23, 2011 3:53 AM
Subject: Re: [ACADEMIC-STUDY-MAGIC] Matriarchy
Oh Chas,
I see you were actually blogging about the [new definitions of] matriarchies thing:
http://blog.chasclifton.com/?p=3098
~Caroline.
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