italian-studies: Scholarly discussions in any field of Italian studies
Cara Collega, Gentili Listaiole/i,
grazie per l'illuminante episodio e per le riflessioni ad esso connesse.
Concordo per quanto concerne la 'tenuta' - dunque più che una speranza - del
congiuntivo e mi permetto di ricordare come già qualche anno fa Luca Serianni
avesse documentato in un articolo un uso straordinariamente corretto di questo
modo del ns. sistema verbale nei ... fumetti, proprio così!
Credo anche di poter aggiungere una considerazione linguistica sui casi più
evidenti di (apparente) violazione alla 'buona norma':
In frasi del tipo "Penso che (non) ha detto tutto ..." "Credo che (non) l'ha
lasciata/o ..." più che un attacco al congiuntivo ritengo che sia avvenuto uno
'spostamento semantico' nel significato dei due verbi in questione. Il parlante
li usa nel senso "sono sicuro". Con verbi che non permettono un simile
allargamento di significato gli stessi utenti ricorrono infatti all'ineludibile
congiuntivo: Suppongo che abbia ... Immagino/ritengo che sia ... e simili.
Cordiali saluti e buon lavoro
Giuliano Merz
Univ. di Zurigo
&
Progetto CULTURITALIA
http://culturitalia.uibk.ac.at
Zitat von Erminia Passannanti <[log in to unmask]>:
> italian-studies: Scholarly discussions in any field of Italian studies
>
> L'altro giorno, in volo tra Napoli e Londra, ero seduta accanto ad una
> simpatica ventenne di Avellino, studentessa di Scienze Farmacologiche, che,
> rivolgendosi a me, ha chiesto:
>
> "Scusi Signora, sa se per caso questo volo preveda che ci venga servito del
> cibo o delle bevande che siano già incluse nel prezzo del biglietto?"
>
> Nel corso della conversazione, è emerso che la studentessa proveniva da
> una zona rurale dell'avellinese. Ovviamente, ho "notato" il corretto
> impiego del congiuntivo da parte della studentessa grazie all'attuale
> scambio attraverso la lista su questo argomento. In circostanze normali, la
> correttezza del suo uso grammaticale sarebbe passata inosservata,
> implicando forse automaticamente la sua provenienza da una data classe
> sociale.
>
> Questa occorrenza contraddice l’assunto che il congiuntivo sia in disuso in
> Italia, e sottolinea, se ce ne fosse bisogno, il carattere non
> necessariamente di classe o settoriale del suo impiego, ovvero il suo
> eventuale permanere nell'uso quotidiano, funzionale, anche tra giovani i
> cui studi non siano strettamente linguistico-letterari e le cui famiglie
> non siano della borghesia "istruita". Va da sé che l’esempio sottolinea
> anche i nostri pregiudizi e le nostre discriminazioni su base linguistica.
> Per quanto mi riguarda, scoprire che una studentessa di origini contadine
> parli (e voglia parlare) così correttamente l’italiano non può che farmi
> che piacere.
>
> In una nazione come l'Italia, in cui i parlanti sono messi in condizione di
> usufruire a lungo e gratuitamente dell'istruzione scolastica, in cui la
> disoccupazione consente ore ed ore dinanzi alla televisione, o tra i banchi
> di scuola, la gente, anche se non lo sa, può scegliere dati registri
> espressivi a seconda delle situazioni: da un certo punto di vista, se una
> collega, durante un consiglio di istituto, fa cadere di proposito una
> regola grammaticale in vigore potrebbe equivalere a cacciare fuori la
> lingua e fare mostra di un "piercing".
>
> D'altra parte, potrebbe verificarsi che farsi i "piercing" non rappresenti
> più una scelta individuale originale, ma un costume diffuso. Insomma, si
> presentano varie ipotesi sul destino del congiuntivo, tranne, credo (e
> spero) la sua "scomparsa".
>
> ep
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