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Roberto Leydi has passed

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Luisa Del Giudice <[log in to unmask]>

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study of popular / folk / traditional ballads <[log in to unmask]>

Date:

Mon, 24 Feb 2003 16:32:46 -0800

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text/plain (220 lines)

Roberto Leydi, scholar and professor of folk culture at DAMS (Dept. of 
Music and Drama at the University of Bologna, which he helped found, with 
Umberto Eco), passed away on Saturday February 15.  He is (along with Diego 
Carpitella) considered the founder of Ethnomusicology in Italy.  Among his 
specific interests were social and political song, narrative song, 
liturgical music, and musical instruments.  He was instrumental in the folk 
revival movement in Italy.  I had the pleasure of meeting Leydi in the 
1980s (when I contributed sound recordings of Lombard ballads to a series 
on Italian field recordings he directed, under the Albatros label). I 
remember enjoying an afternoon in his impressive sound archive, regaled 
with snatches of rare and wonderful field recordings, and with his 
infectious enthusiasm for his work.  We mourn the loss of this great man 
and great scholar and hope that more of this precious archive might reach 
our ears in the future.

Here follow various necrologies (all in Italian):
_____________________________________________________

DIPARTIMENTO DI MUSICA E SPETTACOLO

15 febbraio 2003

È morto Roberto Leydi, fondatore della moderna etnomusicologia italiana. 
Era stato docente di Etnomusicologia al DAMS fin dalla costituzione del 
corso di laurea e, lo scorso anno, il Rettore Pier Ugo Calzolari gli aveva 
assegnato un premio speciale alla carriera. Aveva 75 anni.

Leydi è stato uno dei protagonisti della vita culturale del secondo 
dopoguerra, punto di riferimento e collaboratore di molti nomi italiani 
importanti, fra i quali Luciano Berio, Dario Fo, Umberto Eco, Moni Ovadia.

Iniziò la sua attività come critico musicale dell'«Avanti» e 
dell'«Europeo». Dagli anni '50 si è occupato di musica popolare, come 
ricercatore e studioso, nonché come organizzatore di iniziative editoriali 
e discografiche. Col suo lavoro ha partecipato allo sviluppo del folk 
revival italiano e alla riscoperta del canto politico e sociale. Di grande 
rilievo il contributo alla Musica Nuova italiana; aveva scritto i testi di 
Mimusique n.2 di Berio e, con Berio e Maderna, era stato autore nel '54 di 
Ritratto di città, il primo lavoro italiano di musica elettronica e concreta.

Negli ultimi anni Leydi svolgeva attività seminariale e di ricerca alla 
Scuola Superiore di Studi Umanistici dell'Università di Bologna.

ALMA MATER STUDIORUM · UNIVERSITÀ DI BOLOGNA
VIA BARBERIA 4 · 40123 BOLOGNA · (ITALIA) · tel. 051. 2092000 · fax 
051.2092001 · [log in to unmask]

(from: http://www.muspe.unibo.it/attivita/avvisi/leydi.htm)
___________________________________

Poche ore fa è deceduto un maestro, un esperto di scienze musicologiche e 
demonologiche ma, prima ancora, un maestro di vita: Roberto Leydi. Più di 
quarant’anni or sono, alla vigilia della partenza per la Germania, dove 
avrei frequentato l’università, l’amico comune Pino Sormani mi disse che 
avrei dovuto parlare con Roberto, perché era un musicologo che poteva 
convincermi a restare in Italia. Altre volte il Dott. Sormani mi incoraggiò 
a incontrare Roberto dicendo che avevamo vari interessi in comune. 
Purtroppo dovettero passare molto tempo prima che potessi conoscerlo 
personalmente.

Alla fine degli anni ’70 si sono moltiplicate le occasioni degli incontri 
con Roberto a Como e a Venezia, a Milano e nella sua accogliente casa di 
Orta. Talora erano colloqui per preparare un seminario, altre volte si 
trattava di discutere una ricerca nostra personale o di nostri studenti. 
Per certi aspetti eravamo su sponde opposte, all’interno e al di fuori 
della compagine ecclesiale. In realtà ci trovavamo d’accordo praticamente 
su tutto, nel pieno rispetto delle convinzioni religiose di ciascuno. La 
cosa va sottolineata per un fatto paradossale: mi sembra che a tutt’oggi in 
Italia nessuno si sia prodigato per promuovere il canto religioso popolare 
di tradizione orale quanto abbia fatto Roberto. Aggiungo subito che, come 
pochi laici e pure ecclesiastici, Roberto seguiva la vita della Chiesa con 
un forte coinvolgimento personale. Per quanto riguarda l’esperienza 
personale profonda di fede è bene ricordare che l’ultima parola non spetta 
ad un impiegato dell’anagrafe, bensì al buon D-i-o, benedetto Egli sia. Più 
volte la posizione di Leydi mi richiamava quella di Leo Levi. Questo 
pioniere delle ricerche sul canto religioso e liturgico del mediterraneo – 
secondo Roberto – era stato rimproverato di assistere a liturgie cristiane 
e di pronunciare insieme all’assemblea cattolica il Padre nostro . Nulla di 
strano per Leo Levi, poiché riteneva essere l’ oratio dominica una delle 
più belle preghiere ebraiche. Una simile libertà di spirito ha 
caratterizzato anche la vita di Roberto.

Non sono stato mai allievo del prof. Roberto Leydi, ma da tanti anni mi 
considero un suo fortunato discepolo. Tra le peculiarità del suo 
essere-maestro, ritengo di particolare importanza tre atteggiamenti:

a) una sana e mai assopita curiosità. Non poteva, certo, interessarsi di 
tutto; ma tutto lo interessava. Non si accontentava di briciole 
d’erudizione superficiale, ma scavava, si documentava e ricercava con 
tenacia sino a comprendere nel modo più adeguato i tanti fenomeni legati 
all’espressione del cuore umano. La musica in tutto ciò aveva un posto 
preminente, ma non esclusivo. E sempre, dietro alle voci, agli strumenti, 
alle immagini e ai manufatti c’era la persona in continua tensione tra il 
dramma della precarietà e la pienezza della gioia, dell’esuberanza che dava 
vita alla poesia e al canto.

b) Una lunga vita dedicata alla ricerca con energie pressoché inesauribili 
trovava una sua ragion d’essere nella passione. In quello che faceva, 
Roberto ci metteva l’anima, tutto se stesso, senza risparmiarsi. La sua 
diligenza non era un ossequio formale ad un qualche codice accademico, 
bensì era il segnale tangibile di un entusiasmo, tanto più vero perché 
diffusivo e coinvolgente. Quest’aspetto, forse più d’ogni altro, ha 
permesso a Roberto di promuovere l’etnomusicologia in Italia creando una 
prestigiosa scuola con i suoi studenti di Bologna e con i simpatizzanti che 
trovava un po’ ovunque e coagulava intorno a sé dalla Sicilia al Canton Ticino.

c) Roberto è stato un maestro che riusciva ad insegnare e ad entusiasmare 
anche perché viveva in un atteggiamento di discepolato: era sempre pronto 
ad imparare tutto da tutti. Aveva un acuto senso nel valutare le persone. 
Con una sola parola centrava il cuore del bersaglio: pittoresco, 
millantatore, diligente ma ottuso, acerbo…; ma il suo giudizio era sempre 
sereno, senza veleno e senza invidia. Chiarita l’entità e lo spessore di un 
interlocutore, si metteva in ascolto e imparava.
Con grande cura e rispetto affrontava s’interessava delle persone nascoste 
ed emarginate, e prendeva in mano tanti oggetti buttati via e da lui 
ricuperati con pazienza: sapeva togliere con delicatezza la polvere e le 
incrostazioni sino a far emergere la qualità unica d’ogni pezzo/persona.

“Territorio di confine fra diverse discipline, lo studio delle musiche 
liturgiche tradizionali (e qui intendiamo per tradizionali quelle musiche, 
sia di uso ufficiale che di uso popolare, che giungono alla celebrazione 
liturgica appunto per via di tradizione, avendo poi trovato, o meno, una 
codificazione scritta successiva) delle grandi religioni monoteistiche 
(cristianesimo, giudaismo, islamismo) ha finora conosciuto esplorazioni e 
attenzioni critiche spesso occasionali e quasi sempre settoriali. Certo in 
più di un’occasione sono state operate comparazioni fra materiali di 
provenienza diversa (soprattutto per penetrare i rapporti fra canto ebraico 
e canto cristiano), ma un lavoro concorde di specialisti diversi non è 
stato tentato. Eppure, a noi sembra chiaro, soltanto con il concorso 
concorde di competenze musicologiche, storiche, liturgiche ed 
etnomusicologiche sui renderebbe possibile una prima individuazione sia 
delle caratteristiche specifiche delle differenti tradizioni e 
sotto-tradizioni, sia dei fili che certo corrono, in quello straordinario 
crogiuolo che è il Mediterraneo, fra i vari modi di manifestare il rito 
religioso nella parola e nel canto nell’ambito popolare e in quello colto, 
nelle diverse confessioni, nei diversi riti.

(by Giacomo Baroffio, Cremona, 15 febbraio 2003

from: http://www.amadeusonline.net/1045482330.htm)

_____________________________________________________________________

Roberto Leydi si è spento sabato 15 febbraio, a 75 anni. E' stato 
certamente uno dei più grandi studiosi italiani di cultura popolare, 
fondatore, assieme a Diego Carpitella, della moderna etnomusicologia italiana.

Nato a Ivrea nel 1928, si era interessato, sin dalla fine degli anni '40 di 
musica contemporanea, di jazz e di musica popolare americana, collaborando 
con Luciano Berio e Bruno Maderna. Si dedicò poi specificamente alla musica 
di tradizione popolare, contribuendo in modo decisivo allo sviluppo 
dell'etnomusicologia italiana.

Grande ricercatore "sul campo", fu un eccezionale scopritore degli "altri 
mondi" sonori, non solo nel natio Piemonte e nelle altre regioni 
settentrionali, ma in Grecia, Francia, Scozia, Spagna, Nord Africa, dando 
nel nostro paese un contributo fondamentale a promuovere le ricerche e gli 
studi sul canto sociale, la ballata, la musica liturgica tradizionale, gli 
strumenti musicali.
Aveva promosso l’Ufficio per la cultura popolare della Regione Lombardia, 
curando una splendida serie di volumi di documentazione sulla cultura 
tradizionale lombarda. Aveva curato l’edizione di numerosi dischi di 
documentazione etnomusicologica (prima la collana dei Dischi del Sole, poi 
la collana Albatros) e la realizzazione di spettacoli di musica popolare, 
di trasmissioni televisive e radiofoniche, di mostre documentarie sulla 
musica e lo spettacolo popolari.

Grande maestro, fascinatore e trascinatore dei suoi allievi, il suo 
magistero all'Università di Bologna (DAMS) ha allevato tutta una 
generazione di giovani ricercatori e ha influito non poco sul sorgere e il 
permanere di un folk-revival in Italia.

Anche chi scrive ha con lui molti debiti di riconoscenza. Fu lui infatti, 
alla metà degli anni '60, con i suoi Dischi del Sole, con il volume Canti 
sociali italiani, con lo spettacolo Le canzoni di "Bella ciao" (Spoleto, 
1964), a darmi la spinta alla ricerca sul territorio alessandrino; fu lui, 
una decina di anni dopo, con la sua generosa amicizia, a incitarmi a 
pubblicare qualcosa delle mie innumerevoli registrazioni e a fare da 
padrino al disco di canti popolari Alessandria e il suo territorio, che 
vinse inopinatamente, nel 1978, il premio della critica discografica 
italiana. L'anno prima avevamo curato insieme, per la BUR, la densa 
antologia dei Canti popolari piemontesi ed emiliani di Giuseppe Ferraro.

E poi, come dimenticare la partecipazione, appassionata e sempre 
documentatissima, ai nostri Convegni di Rocca Grimalda: da quello del 1999 
sul Senno di Bertoldo, a quello sullo Charivari (2000), all'ultimo, 
dell’anno scorso, dedicato alle Voci del Medioevo. Come dimenticare la 
simpatia con cui aveva voluto scrivere la prefazione al mio libro sulle 
Bosinate carnevalesche in Piemonte, presenziando alla stessa serata 
organizzata dall’Assessorato provinciale alla cultura in Palazzo Guasco (26 
febbraio 2000). E infine, la sua ultima opera, guarda caso, dedicata 
proprio ad una tradizione radicata nella nostra terra, quel Gelindo ritorna 
(ed. Omega) cui Umberto Eco ha premesso una divertentissima nota di tono 
autobiografico (“sulla famosa querelle fra le scuole di Bratislava e di 
Koenigsberg e i frati di Alessandria”) e a cui anch’io ho collaborato con 
tanti documenti, dai canti ai libretti popolari "di stalla" di mia madre.

Chi ha avuto la fortuna di averlo compagno in qualche momento conviviale 
post convegno, non potrà facilmente dimenticare la sua carica di buonumore, 
la sua prorompente vitalità, la sua intelligente ironia. Grazie di tutto, 
Roberto. Il folk italiano ti deve molto: non solo i canti di Teresa 
Viarengo, della Daffini, delle sorelle Bettinelli o del Sinigaglia, ma 
anche la singolare, imprevista rinascita della canzone popolare in questo 
scorcio di 2003 (leggi il successo di Sento il fischio del vapore, di De 
Gregori-Marini).

(by Franco Castelli 
,  from:  http://www.isral.it/web/pagine/news/novita/leydi.html)


Luisa Del Giudice, Ph.D., Director
Italian Oral History Institute
P.O. Box. 241553
Los Angeles, CA 90024-1553

Telephone:   310/474-1698
Fax:             310/474-3188
E-mail:         [log in to unmask]
Website:      www.iohi.org

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