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Venerdi, 14 Settembre 2001 08:28
Andreotti: "Non legittimare i terroristi" di Carlo Parmeggiani
* Attenti ad applicare l'articolo 5 del Trattato Nato
* Si rischia di legittimare politicamente i terroristi
* Siamo sicuri che non aspettino altro?
* In Kuwait la guera fu vinta da tutti
ROMA - Lo dice con la consueta voce piana, consapevole probabilmente di
risultare "eretico" in queste ore di piombo in cui tornano a spirare
venti di guerra, parole forti come "vittoria del mondo". "Attenzione -
dice - a non farsi prendere la mano dalle soluzioni che sembrano più
facili, attenti a come si usa quell'articolo 5 del trattato
dell'Alleanza atlantica: il rischio è di legittimare politicamente il
terrorismo, di fargli assumere lo status di belligerante. Siamo sicuri
che i terroristi non stiano aspettando altro?". E, nel dirlo, Giulio
Andreotti, senatore a vita, sette volte presidente del Consiglio, fa
appello alla storia. Quella storia di misteri, superpotenze, guerra
fredda, di cui è stato per decenni indiscusso protagonista e di cui è
oggi memoria indissolubile.
Presidente Andreotti, oggi i ministri degli esteri e della difesa hanno
detto che la Nato è pienamente legittimata a utilizzare quell'articolo
del trattato della Nato che vincola i paesi membri a reagire quando uno
di essi viene aggredito. Lei non sembra d'accordo su questa interpretazione...
I miei giudizi dipenderanno forse anche dalla mia esperienza politica e
dalla storia che ho vissuto. Però io credo che non bisogna mai lasciarsi
prendere dalle emozioni, anche di fronte a fatti di tale
incommensurabile gravità, o credere che esistano vie semplici o brevi
alla soluzione delle questioni internazionali. L'articolo 5 del trattato
Nato non è mai stato applicato, se Dio vuole, perché i potenziali
aggressori dell'Alleanza atlantica non si sono mai mossi e si sono in
qualche modo autoliquidati con la fine dell'Unione sovietica.
Sta dicendo che l'articolo 5 aveva un senso solo in un determinato
momento storico?
Dico che questo articolo 5 comporta la belligeranza. Quindi una guerra.
Che significa, anche se non usa più fare le dichiarazioni di guerra
nelle mani degli ambasciatori, avere di fronte un soggetto giuridico
internazionale. Se si legittima come soggetto belligerante il
terrorismo, si fa un'operazione estremamente rischiosa, gli si dà uno
status per cui è lecito sparare ai nemici. E' un aspetto importante da
non sottovalutare, credo.
Anche le Brigate rosse, per stare in casa nostra, chiedevano di essere
legittimate con soggetto politico. Se la ricorda ben quella stagione, Presidente...
Non ci dimentichiamo quegli anni. Le Brigate rosse chiedevano, se
possibile imploravano, di essere riconosciute politicamente come parte
in guerra con lo Stato. Dopo ci accorgemmo che erano un gruppo tutto
sommato ristretto, sensa connessioni internazionali. Ma nell'immediato
non lo potevamo immaginare. Anzi, di fronte al dispiegamento di forze in
via Fani per il rapimento di Aldo Moro, molti ritennero di essere di
fronte a una potenza molto organizzata, dotata di un numero consistente
di uomini. Nonostante ciò, rifuggimmo sempre dall'idea di considerare
gli anni di piombo come una guerra. Il terrorismo è terrorismo, la
guerra è un'altra cosa.
Questa volta, però, l'attacco è al cuore dell'Occidente, ed è di
proporzioni che non hanno precedenti della storia...
Certo. Ma nonostante le dimensioni dell'accaduto, bisogna a pensare a
soluzioni di giuridicamente diverso dall'articolo 5. Io penso più a una
forte collaborazione internazionale, di alta polizia, che non a
un'organizzazione di carattere milirare. Mi sembra una strada più
giusta. Ma lei ha fatto caso all'elenco dei paesi citati da Ruggiero
oggi nell'audizione in Senato?
Lei non crede neppure all'utilità di un vertice straordinario del G8.
Il G8 è un foro troppo ristretto. Come noto non è rappresentata
l'Africa, non c'è l'India, non l'America latina. E' quindi abbastanza
logico che questo organo susciti le reazioni di chi non vi fa parte e lo
vive come un direttorio che detta linee al mondo. Ma mi pare che questa
ipotesi sia poco seguita anche a livello internazionale, a partire
proprio dagli Usa. Cogliamo piuttosto l'occasione della prossima
sessione dell'assemblea generale dell'Onu.
Non crede che la scelta delle Nazioni Unite sia un po' troppo debole?
Per il Kuwait invaso dall'Iraq, la soluzione Onu funzionò benissimo.
Forse il fatto era più semplice, l'aggressore sicuramente era ben
identificato, ma il compito di polizia internazionale fu assolto
egregiamente. Io non sto dicendo che l'Onu ha in tasca la ricetta per
risolvere la situazione. Dico che se, per esempio, si dedicasse la ormai
prossima sessione dell'assemblea generale a una ricognizione dei
problemi internazionali e delle aree calde di crisi, alle delibere non
applicate o a quelle insufficientemente applicate, non dico che
arriveremmo al paradiso terrestre ma sicuramente è una strada da non sottovalutare.
C'è poi il flop dei servizi. Ai suoi tempi funzionavano meglio? Dopo la
strage di Fiumicino, si riuscì in qualche modo a tenere il nostro Paese
al riparto dal terrorismo mediorientale.
Leggo sulle agenzie che a Roma avevano rubato divise e documenti di
piloti dell'American Airlines. Mi stupisco che questa notizia non abbia
eccitato i servizi di informazione. Mica puoi andare a spesso per il
corso con la divisa da aviatore...La verità è che a fronte di una massa
imponente di informazioni di ogni tipo, diventa difficilissima
l'operazione di filtraggio. Certo, quelle divise rubate.... (13
SETTEMBRE 2001, ORE 20:05)
[la Repubblica - ?]
--
Giorgio Cadorini
Ustav romanskych studii
Filozoficke fakulty Univerzity Karlovy
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