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DARIO FO FOR MAYOR OF MILAN?

From:

Ed Emery <[log in to unmask]>

Reply-To:

This list is dedicated to scholarly discussions in any field of Italian stu <[log in to unmask]>

Date:

Tue, 28 Nov 2000 21:19:46 -0000

Content-Type:

text/plain

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text/plain (188 lines)

London
28 November 2000

Dear Friends,

Further news about things Fo-ological.

It appears that Dario has been thinking about standing as a candidate for
Mayor of Milan.

The following article may be of interest. It is written by Dario and
Franca, to outline the basic elements of a possible programme.

With best regards,

Ed Emery


[PS: Thanks to Alessandro Cucca for the mailing.]

+++++++++++++++++++++++++++++

Cosa dovrebbe fare un buon sindaco di Milano
Le notizie della settimana

L'idea di candidarsi come sindaco ha sollevato un bel  polverone e gia'
questo e' un ottimo risultato. Finalmente si  e' iniziato a parlare del
massacro causato dall'inquinamento,  della necessita' di convertire subito
almeno i mezzi del  comune a bio-diesel, limitare pesantemente il traffico,
ridare  dignita' civile alle periferie...

Siamo perfino riusciti a essere ascoltati al senato sulla  questione della
liberalizzazione della coltivazione della colza  e della vendita dell'olio
di colza ai privati... Neanche fosse  marijuana...

Ma molti hanno detto:"Un programma per Milano non puo'  basarsi solo sulla
lotta all'inquinamento e al vuoto culturale". Verissimo. Eccovi allora che
da queste pagine iniziamo a fissare  quali dovrebbero essere gli obiettivi
immediati di un sindaco della capitale dell'economia italiana. Non scopro
di certo niente affermando che l'anima della ricchezza nazionale sono le
piccole e le medie imprese ed e' indiscutibile che la pressione fiscale sia
eccessiva e costituisca un freno all'economia. Ma in questo campo un
sindaco  puo' fare ben poco e non sarebbe realistico ne' sostanziale
ridurre la tassa sulla Nettezza Urbana in un momento in cui sarebbe
necessario invece dotare finalmente Milano di un impianto di depurazione
delle acque fognarie del quale e' scandalosamente sprovvista. Ma un
sindaco ha modo comunque di dare slancio all'economia alleggerendo il  peso
che grava sulle imprese.

Giusto in questi giorni un gruppo di ricercatori della Harvard University,
coordinati da Andrei Shleifer, ha presentato uno studio su 75 paesi
confrontando la quantita' di adempimenti burocratici e i tempi di attesa
necessari per ottenere l'autorizzazione a fondare una nuova impresa. Ne
risulta che, mediamente, sono necessari una decina di adempimenti
burocratici  e circa 60 giorni di attesa "se tutto va bene" nonche'
pagamenti per un terzo del reddito annuo medio. Nella Repubblica Slovacca
bisogna attendere 110 giorni. L'Italia e' tra le ultime della classifica
con 120 giorni. Ma ci sono anche paesi come il Canada dove i tempi  sono
minimi. In Francia c'e' addirittura un unico ufficio pubblico che e' in
grado di sbrigare tutte le pratiche per l'imprenditore, dalla licenza
edilizia, al contratto per la fornitura elettrica, alla nuova azienda.
Entro 30 giorni o ti dicono che la tua attivita' e' vietata dalla legge o
hai tutti i permessi.

Rudi Dornbusch, docente di economia presso il Mit e ex consulente della
Banca Mondiale e del  Fmi, su Repubblica di venerdi' 24 novembre, si chiede
se tutti questi controlli a cui il cittadino e' sottoposto servano davvero
a garantire la legalita' o siano invece proprio un modo per incentivare
irregolarita' e corruzione. E' un discorso che facciamo da anni. Una
regolamentazione caotica e prolissa fa si che nessuno mai possa  essere
perfettamente in regola e questa situazione e' il terreno fertile per
l'arbitrio dei funzionari che possono applicare piu' o meno alla lettera le
postille e i codicilli. E se ti vogliono bloccare hanno sempre modo di
farlo perche': "Le piastrelle della cucina di un ristorante devono
raggiungere l'altezza di metri 1,80... e qui  mancano 2 millimetri". La
logica dei regolamenti e' di per se assurda e irrazionale: 2 millimetri o
10 centimetri non trasformano una cucina igienica in una cucina sporca, ma
nella logica dei regolamenti la linea di confine tra il bene e il male e'
meccanica, assoluta. In sostanza stupida.

La soluzione e' semplice: aboliamo tutti i codicilli e sostituiamoli con il
buon senso. Il funzionario comunale deve appurare se la cucina di quel
ristorante e' igienica o no. A prima vista parrebbe che si dia mano libera
all'arbitrio ma e' proprio il contrario. I funzionari corrotti usano
proprio la rigidita' dei regolamenti, si nascondono dietro i numeri
perfetti e indiscutibili per vietare e ottenere cosi' la tangente da chi ha
bisogno di lavorare. Se devono dire che una cucina pulita ed efficiente al
loro buon senso appare sporca  e inadatta, devono prendersi la
responsabilita' totale del loro giudizio. E il fatto che dicano sciocchezze
salta agli occhi. Non possono piu' dire: "Mi dispiace, e' il regolamento,
non posso farci niente, io eseguo solo gli ordini".

E ovviamente, in questo cambiamento bisogna prevedere l'istituzione  di un
gruppo di controllo autonomo e altamente qualificato al quale ci si possa
rivolgere per eventuali contestazioni. Ma come si fa a mettere insieme un
simile cambiamento? Alle nostre orecchie l'idea di abbattere le leggi
scritte pare una follia. Ma i paesi anglosassoni non hanno mai avuto leggi
scritte come le intendiamo noi e campano benissimo. I giudici amministrano
la giustizia sulla base della consuetudine stabilita dal cumulo di sentenze
emanate nel passato  e questo garantisce al contempo continuita' e maggiore
elasticita'. Infatti un giudice che voglia decidere una sentenza in modo
vistosamente diverso dai suoi predecessori si assume una responsabilita'
grande e risulta immediatamente visibile e quindi esposto alle critiche e
alle verifiche degli organismi di controllo.

In questa tradizione culturale si e' inserita in modo non traumatico la
scelta dello stato della Florida dove, ormai da anni, sono stati aboliti
tutti i regolamenti di attuazione. Piu' di 20 mila codicilli sono stati
cancellati con un bel decreto. Il tutto e' stato sostituito da una serie di
principi generali: "Le cucine dei ristoranti devono essere pulite. Fatele
come le volete. Se non ci sembrano pulite le chiudiamo immediatamente. "
Meno scartoffie prima e piu' controlli veri (e costanti nel tempo) dopo. Un
cambiamento simile a Milano creerebbe migliaia di nuove piccole imprese,
moralizzerebbe l'amministrazione, ridurrebbe il giro delle tangenti e
abbasserebbe anche i costi burocratici dell'amministrazione comunale.
Centinaia di funzionari potrebbero essere impiegati altrimenti in settori
piu' produttivi. Nuovi posti di lavoro (questa volta sul serio!), maggiori
introiti fiscali, nuove energie messe in circolo, minor spesa pubblica.
Stupendo! Ditemi chi puo' sostenere che questo non  sarebbe un elemento
fondamentale dentro il pacchetto di un efficiente programma politico per
Milano.

E perche' nessuno ci ha mai  pensato? E gia' che ci siamo, potremmo anche
cercare di arginare un'altra malattia che colpisce le piccole e medie
imprese. Alcune statistiche dicono che c'e' una tassa del 10% che si
aggiunge al prelievo  fiscale: la tassa dei furbi. Assegni a vuoto, lavori
non pagati, fallimenti organizzati per fregare i fornitori... Certo
servirebbe l'autorita' di un capo di governo che volesse modificare la
legge sulla truffa, quella sui debiti e sui fallimenti e tanto d'altro...
L'Italia non possiede una legge che punisca in modo reale gli imbroglioni.
Non  sono considerati veri delinquenti, piuttosto dei furbastri che in
fondo danno lustro all'immagine dell'italiano che, comunque, non e' mai
fesso.

Ecco perche' all'estero dicono che noi siamo "bizantini". Ma questa non e'
la tradizione di Milano. Nel gioco dei bambini, ancora oggi a Milano, c'e'
un'espressione: "Fa no i fulcit!" che significa non fare imbrogli. Guarda
caso nelle leggi di Rotari, re longobardo del settimo secolo dopo Cristo,
e' dedicato un intero capitolo al "FULK" che vuol dire " truffa". Questa
truffa era punita come delitto grave contro la societa'. Proprio l'opposto
di quanto succede nelle leggi italiane. Gli accordi internazionali
sull'estradizione non prevedono il reato di truffa che da noi e' punito con
meno di 4 anni di reclusione...Che poi nessuno sconta un solo giorno grazie
agli aggiustamenti e ai patteggiamenti e alla fine il truffato (e mazziato)
non ha indietro i suoi soldi dal truffatore condannato.

No, se vuole riaverli deve fare una causa civile. In Italia non esiste la
possibilita' di vedere risarciti con decenza i danni materiali e morali e
c'e' tutta un'industria della pirateria commerciale che malvessa
consumatori e imprenditori onesti. Sfruttano anche in  questo caso tutte le
sottigliezze verbali dei codici prolissi e burocratici. Ma non sono regole,
dicevamo, che un sindaco possa cambiare.

Pero' un sindaco puo' creare dei gruppi di osservazione, dei meccanismi di
comunicazione tra aziende oneste e dei marchi di garanzia e qualita' in
collaborazione con le associazioni di categoria. Si possono istituire
sistemi di certificazione reciproca tra le aziende, consultabili
rapidamente via internet e servizi di assistenza legale e tecnica alle
aziende con lo scopo di prevenire, grazie all'informazione, l'attivita'
commerciale disonesta e aiutare i truffati a dar battaglia legale ai
truffatori. Immaginate soltanto l'impatto psicologico che si avrebbe
sapendo che Milano si e' dotata di un fondo di solidarieta' che aiuta i
piccoli imprenditori a far causa ai disonesti e che la citta' si
costituisce parte civile e chiede i danni insieme ai truffati. Perche' il
danno alla singola impresa si ripercuote su tutta la citta' e crea un
ambiente negativo.

Alla lunga potrebbe anche essere redditizio,  perche' molti furbi
dovrebbero alla fine pagare il maltolto e i danni (morali e materiali
collaterali e aggiunti). Sicuramente si riuscirebbe ad alleggerire da
subito la pressione truffaldina sull'economia della citta'. E troveremo
anche un posto di lavoro socialmente utile a tanti ottimi funzionari che
oggi fanno il lavoro ingrato di vestali della burocrazia. Ci sarebbero
cosi' anche meno brogli ai danni dei consumatori. L'economia e tutto il
clima civile della citta' ne trarrebbe vantaggio enorme.

E anche qui c'e' da chiedersi perche' nessuno abbia inserito nel suo
programma la possibilita' di usare la capacita' di comunicazione e di
coesione degli onesti per  fronteggiare il malaffare. Forse  gradivano
maggiormente questa situazione da giungla, ci pasturano dentro sguazzandoci
felici.

Dario Fo & Franca Rame



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